Negli ultimi anni va molto di moda parlare di postura ma di cosa stiamo parlando esattamente? Come viene influenzata durante la vita di tutti i giorni? Come possiamo fare per non “rovinarci” con le nostre mani?
“…la postura è espressione di un vissuto ereditato, di un vissuto personale, della formazione e deformazione culturale, di memorie dei propri traumi fisici ed emotivi, del tipo di vita e di stress che conduciamo, del tipo di lavoro e di sport a cui ci siamo assoggettati nel tempo; postura è il modo in cui respiriamo, il modo in cui stiamo in piedi, ci atteggiamo e ci rapportiamo con noi stessi e con gli altri. La nostra postura è espressione della nostra storia”.
(D. Raggi, 1998)
Il dott. Raggi, inventore di Pancafit, comprende nella sua definizione moltissimi aspetti che possono alterare la postura. Non solo muscoli e scheletro, ma anche occhio, orecchio, sistema nervoso, organi interni, emotività, gesti ripetuti tutti i giorni, ereditarietà, luoghi in cui passiamo il nostro tempo… sono tutte cose che ci influenzano. L’organismo umano deve quindi essere analizzato nella sua globalità e nel suo vissuto.
Alle cause sopra citate va aggiunta la più importante: il dolore.
Senza dubbio il nostro organismo si trova a disagio nel sentire anche il più remoto dei dolori, pertanto è sempre alla ricerca della sua posizione di comfort ovvero la posizione in cui stiamo meglio sia in statica che in dinamica.
Va detto inoltre che, non essendo fatti a compartimenti stagni, una struttura corporea in disfunzione può influenzare il corretto funzionamento di un’altra.
Camminare ad esempio su una caviglia vittima di una lesione (una banale “storta”) è sicuramente doloroso. Ecco che il nostro sistema percettivo attuerà delle modifiche per non appoggiare il piede nel modo più fisiologico ma in maniera leggermente riadattata per non avvertire più il sintomo doloroso. Questa modifica non sarà certo senza conseguenze, le articolazioni più prossime saranno influenzate; avremo quindi un ginocchio che non scarica il peso correttamente tra i due condili femorali, una testa del femore che non sarà più fisiologicamente congruente con il suo acetabolo, una sacroiliaca che andrà in disfunzione, infine una lombalgia (…e sentiremo solo quella vista la posizione antalgica delle altre articolazioni).
La sventura sta nel fatto che il nostro organismo agisce inconsciamente, non ci dice che sta attuando questi riassestamenti, quindi noi ci accorgiamo del problema soltanto quando il male diventa serio.
La lombalgia a cui siamo arrivati è quindi l’effetto di una catena ascendente che parte dalla storta alla caviglia. Trattare l’effetto dà benefici soltanto a breve termine, se la causa non è sulla schiena sicuramente il dolore si ripresenterà.
La difficoltà sta proprio nell’individuare la causa primaria. Il paziente spesso arriva in ambulatorio col mal di schiena e non ricorda nemmeno di aver preso la storta alla caviglia o non collega il suo mal di schiena ad un intestino che funziona male, a problematiche uterine e via dicendo…le cause possono essere veramente tantissime.
Tranquilli, se avete preso una storta seria alla caviglia ed è dolente, il
vostro terapista non si metterà a trattarvi la spalla, nel caso di traumi diretti dobbiamo trattare esclusivamente la zona interessata.
Non solo traumi fisici ma anche psicologici possono influenzare la postura.
Uno studio pubblicato sul New York Times (clicca qui per leggerlo) evidenzia che la “gobba” causata dall’eccessivo uso degli smartphone predispone alla depressione. La postura, si dice nell’articolo, non solo riflette gli stati emozionali, li causa anche.
Il modo di dire “camminare a testa alta” fa proprio riferimento alla postura che adottiamo quando siamo felici e fieri di noi. Viceversa se pensate ad una persona triste, delusa, senza speranze, sicuramente ve la figurate con lo sguardo basso, il capo chino e forse una cifosi dorsale.
Quando siamo di fronte ad un problema che riguarda le emozioni stiamo gestendo l’aspetto più delicato e incisivo della terapia. La sfera emozionale generalmente è quella più profonda e difficilmente accessibile, in cui i problemi sono radicati e si consolidano col passare del tempo.
Se un determinato stato emozionale negativo dovesse proseguire per mesi, o addirittura anni, non potremmo trattarlo con indifferenza quando cerchiamo di sistemare la postura di una persona. Possiamo anche raddrizzarle la schiena, ma il suo “essere triste” tenderà a riportarla nella stessa posizione una seconda volta (problematiche a livello psicologico hanno ovviamente bisogno di professionisti del settore), così come chi soffre di cervico-brachialgia perché usa il mouse e ha lo schermo di lato, ritornerà ad avere gli stessi sintomi se non corregge la posizione al lavoro. Se non agisci sulla causa non puoi evitare il ritorno dell’effetto. La cosa importante e sicuramente risolutiva è capire cosa ha scatenato cosa.
Come non rovinarsi la vita?
Il sapere che ogni piccolo gesto potrebbe originare disfunzioni nell’organismo non deve allarmarvi. Il nostro organismo, come sostengono i padri dell’osteopatia, possiede già tutti i mezzi per riassestarsi da se, ha solo bisogno a volte di qualche input (che può essere lo scioglimento di una contrattura, lo sblocco di un’articolazione, il rinforzo di un muscolo, ecc…). Inoltre non esiste la persona “diritta”, ognuno di noi ha un vissuto, quindi sicuramente una posizione diversa dagli altri.
Non tutti i pazienti devono essere raddrizzati per forza, molto spesso ci troviamo di fronte ad un bacino storto che non è in disfunzione e non dà sintomi. Quello a cui dobbiamo ambire è il mantenimento di un personale equilibrio psicofisico.
Il mio consiglio è di pensare ogni volta che avete un dolore che vi tormenta a cosa possa averlo scatenato e di parlarne col vostro terapista, senza dubbio saranno preziosi consigli con cui potrà risolvere il vostro problema con maggior efficacia.